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Mess Age

Il messaggio è il mezzo: blog di igiene mentale per attraversare indenni la nube tossica della comunicazione ai tempi del web e dei social media.

Bergoglio e quell'indelebile senso di peccato

Bergoglio e quell'indelebile senso di peccato

Dei peccatori non è necessario parlare troppo, perché tutti noi lo siamo. Ci conosciamo da dentro e sappiamo cosa è un peccatore. E se qualcuno di noi non si sente così, vada a farsi una visita dal medico spirituale: qualcosa non va.

Papa Francesco, omelia del 3 giugno 2013

Mi è tanto simpatico Papa Bergoglio, ma queste sue parole sono per le mie orecchie come la puntina che su un disco salta e stride. Certo, non può dire altrimenti essendo Papa e, certo, nelle parole pronunciate durante l'omelia di ieri, riportate da tutti i commentatori ormai neo-teologi e vaticanisti, c'è anche un esplicito e doveroso mea culpa per la corruzione della Chiesa.

Ci è persino concessa la grazia della sottile distinzione tra peccatori e - peggio - corrotti, ma è pur sempre una partenza azzoppata, essendo la santità così fuori mano e disumana e, si sa, alla fine, anche con tutta la bonarietà del personaggio, quale sia l'idea che la parola peccato racchiude.

Dio onnipotente,
tu hai mandato il tuo unico Figlio
per dare all’uomo, schiavo del peccato,
la libertà dei tuoi figli;
umilmente ti preghiamo per questi bambini,
che fra le seduzioni del mondo
dovranno lottare contro lo spirito del male

Dalla liturgia del Battesimo della Chiesa Cattolica

Bergoglio e quell'indelebile senso di peccato

Tuttavia, non vorrei urtare la sensibilità e il senso di colpa che ci mozza il fiato fin dalle fasce, né l'entusiasmo riscoperto dai neoconvertiti a questo Papa irresistibile. Non intendo nemmeno urtare la colpa che persino i migranti a culti più compassionevoli non riescono a smacchiare, e da cui nemmeno gli adepti della sempre viva Chiesa Atea sono immuni. E, in fondo, nemmeno io.

Perciò, chi non vuole sentirsi leso nel suo legittimo senso di colpevolezza, non prosegua oltre, abbandoni la lettura.

Ma è così che ci hanno ritratti, nei secoli dei secoli: anche sotto le manie di grandezza e il narcisismo di ogni personal brand, tutti sappiamo di essere brutti, sporchi e cattivi. Se non verso Dio, verso genitori, mogli, mariti, fidanzati, superiori, la coscienza, verso il senso del dovere.

Lo siamo per un'imperdonabile imperfezione, per una colpa congenita - proprio come i geni, secondo le credenze correnti, ci condannerebbero al tumore o alla depravazione. Lo siamo per la natura stessa della nostra carne, che ha la prima colpa di essere mortale.

Se così non fosse, non useremmo con così gran gusto la parola trasgressione  per ogni concessione (di solito, a uno dei peccati capitali: gola o lussuria), e le librerie non si affollerebbero di volumi di ex parvenu e calciatori che hanno scoperto il candore della fede, dopo il baratro di ben altro candore.

Se non ci sentissimo veramente cattivi per natura, non sarebbero mai state concepite le idiozie del Tg2 sulla bellezza di Franca Rame che condussero al suo stupro, l'idea dell'indurre in tentazione, vera malattia collettiva e ossessione retrostante per vittime e carnefici.

E siccome anche i muri ci rimproverano la nostra colpevolezza, abbiamo accettato e metabolizzato a testa bassa, assieme a questa crisi permanente, il mantra ripetuto allo sfinimento: che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, perché anche il pentimento da recessione è un'altra figura della colpa.

Colpa delle colpe, esser stati felici, ascoltando l'istinto, aver assaporato un attimo fuggitivo di piacere, senza pensare alle conseguenze... quello mai!

Bergoglio e quell'indelebile senso di peccato

Tuttavia, questo è il mio umile sentire, di uomo né del tutto buono né totalmente cattivo, che un giorno spera di poter sanare finalmente la cicatrice e come il Medardo risentirsi uno.

Non è vero, non siamo ancora mai vissuti al di sopra della superficie, siamo rimasti sotto alla ferita.

Finché sopravviverà l'idea che siamo peccatori corruttibili, esisteranno anche coloro che si sentiranno eccezione. Finché alimenterai l'idea di una bontà e di una purezza che possano essere sgualcite, la violenza, il fanatismo, la repressione dovranno trovare sfogo in qualche modo, così come la lingua nei sordi erompe in gesti.

Perché se continueremo a tagliare l'uomo in due metà, l'una contro l'altra, come il Lupo-Harry in perpetua colluttazione, non domeremo mai l'animale mite e sottomesso in noi pronto ad azzannare.

Dimentica il tuo peccato, e mostra al pubblico il tuo sogghigno. Da Brian di Nazareth dei Monty Python.

Harry e il Lupo della Steppa, due cuori in un solo petto. Da Il Lupo della Steppa, 1974, adattamento cinematografico del classico di Hesse (che in realtà è molto, molto più profondo).

Questa mia anima stigmatizzata
Dalle tare che su v’impresse
La vita, IO LA RIGETTO
Verso il Dio che m’ha fatta
Come un incendio che lo guarisca
Di creare.

Antonin Artaud, I cenci (trad. Guido Ceronetti)

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