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Mess Age

Il messaggio è il mezzo: blog di igiene mentale per attraversare indenni la nube tossica della comunicazione ai tempi del web e dei social media.

Non-essere Keanu Reeves

Non disperate, donne, per Keanu. Ora è libero, libero come il colonnello Kurtz di essere se stesso. O al massimo, di interpretarlo. Libero dai meme che lo ritraggono seduto su una panchina, bello ma triste. Libero di non essere Keanu Reeves. Perché la vita è molto di più che essere belli belli belli in modo assurdo, nonostante i filtri di Instagram.

Non-essere Keanu Reeves
Non-essere Keanu Reeves

Si riconosce a stento Keanu Reeves nelle immagini di Cannes, il mento che fa ponte con il gozzo, lo sguardo mite, lontano dallo strabismo di venere tenebroso e illeggibile che lo connotava quando era puer eternus.

Non è mi mai sembrato felice Reeves, quando era bello, non sembrava a suo agio nella sua pueritudine. Un'immagine diventata virale lo ritrae seduto solitario su una panchina mentre mangia un tramezzino, assorto in pensieri cupi. I meme invitano a consolare sad Keanu, mettendogli accanto Forrest Gump o sedendolo sulla spalla del perdente Romney. Ora, in questa trasfigurazione non starà più nella consueta silhouette, eppure sorride.

Ma la foto su Facebook di ieri non riportava nemmeno il suo nome. Nel gioco impietoso che ormai è diventato l'informazione - si tratti di chili di troppo dei vip o di bambini sbranati da un cane - il link invita i lettori a riconoscere la star in declino, l'icona deformata dagli improvvisi segni del tempo a cui le star non si perdona di cedere, nemmeno a 49 anni.

I commenti sono ilari e sgomenti, crudeli per la caduta del corpo del divo e sollevati per l'oltraggio a un benchmark per molti imbarazzante nel suo essere irraggiungibile.

Non-essere Keanu Reeves

Si giudica il divo con molta più crudeltà con cui si giudicherebbe l'amico, il fidanzato o la fidanzata, che in fondo si accettano meglio in quanto carne in preda al tempo. Il corpo è loro, o meglio del tempo.

Ma di chi è il corpo di Keanu Reeves? La domanda non è peregrina, perché il corpo di un divo o di una diva non appartiene loro e in questo sta la loro perenne maledizione. Solo una settimana fa Angelina Jolie ha suscitato un'ondata di interminabili dicussioni e - si teme - di imitazioni per la sua doppia mastectomia preventiva, peraltro discutibile.

Di chi sono le tette di Angelina Jolie? Di colui che possiede il doppio mento di Reeves.

In questo, non c'è molto di nuovo, e la storia del divismo dei media è piena di corpi che si sono scollati dalla propria icona. Mae West, tra i primi sex symbol della storia del cinema, si sottopose in età avanzata a una delicata operazione di riduzione mammaria, descritta con la perizia di un pornografo da Ballard ne La mostra delle atrocità.

Elisabeth Taylor ebbe su e giù di peso per tutta la vita con gran chiacchiericcio della stampa scandalistica, Marlon Brando impose la cancellazione di molte scene riguardanti il colonnello Kurtz in Apocalypse Now, perché troppo grasso per poterle interpretare. Salvo, in quest'ultimo caso, creare con estremo talento una nuova anti-icona.

Ha mai pensato seriamente a delle reali forme di libertà? La libertà dall'opinione degli altri... persino dalla propria opinione.

Col. Kurtz

Non-essere Keanu Reeves

Il web ha allargato il divario e la contraddizione tra le tonnellate di filtri e fotoritocco digitale ormai alla portata di ogni bacheca e la fuoriuscita incontrollabile di scatti ufficiosi che mostrano la star nudamente e trivialmente umana (recente è il caso di Beyoncè, che tentò di fermare la diffusione di scatti che la immortalavano in espressioni scimmiesche durante un concerto). Ci sono poi i filmati hard sfuggiti di mano, le mail rubate.

Ma a volte è lo stesso divo a mostrarsi mentre porta fuori la spazzatura in tuta e pantofole: gli dèi del secolo scorso cercano di mischiarsi ai mortali, ma ormai la bilancia è a loro sfavore, la massa critica di attenzione che attivano li rende bambole voodoo, ed è un fardello che non si può augurare a nessuno, così come nel mito di Er di Platone le anime non ancora nate che sceglievano vite eminenti o da tiranni si disperavano, una volta consci del proprio destino.

Non-essere Keanu Reeves

Conclusione

Gli dèi sono diventati malattie, scriveva Jung, come malattia è il nostro anelare a modelli digitalizzati e irreali, derivati da matrici deperibili, i nostri sgomenti e i sollievi di fronte alle gallerie di divinità presto o tardi in sfacelo - o semplicemente sottratti al peso della propria icona.

È l'immagine della nostra incomprensione del corpo e di cosa rappresenti. Che cos'è, la sua avvenenza o la sua bruttura, a cosa serva e come funzioni sono solo concetti inorganici e dalla sua consapevolezza. E di questi bisogna svestirlo.

Diversi anni fa, una persona mi disse qualcosa che mi colpì: del corpo parla ormai soltanto l'estetica o la medicina; parliamo del corpo solo se è malato o sano, e se risponde ai canoni di bellezza o vi si sottrae; ma io, mi disse, non posso avere un corpo e basta?

Per questo voglio pensare bene di Keanu Reeves. Potrò sbagliarmi, ma perlomeno rifiuto di cedere all'automatismo che associa l'esteriore e apparente decadenza al crollo interiore dell'idolo. Perché in fondo ci vuole coraggio a liberarsi dall'obbligo di essere Keanu Reeves. Perché c'è anche un'altra accezione per il termine 'lasciarsi andare', e non è soltanto prendere peso, ma è la sensazione - orrore orrore - di perdere finalmente la maledetta illusione di controllo su una vita che non ha controlli.

Approfondimenti

Il tempo,
se non resistiamo non può farci nulla.

Milo De Angelis, Ora se questo dono

La verità di Zoolander.

La campagna di Adbusters contro l'industria della bellezza: perché nove donne su dieci sono insoddisfatte di qualche aspetto del proprio corpo?

Il nuovo Keanu Reeves ricorda vagamente Antony Hegarty (Antony and The Jhnsons), ex drag queen, cantante tra i più originali degli ultimi anni, dalla fisicità fuori scala e fuori canone. Qui in una cover, guardacaso di Beyoncè.

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