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Il messaggio è il mezzo: blog di igiene mentale per attraversare indenni la nube tossica della comunicazione ai tempi del web e dei social media.

Persuasione: la penultima verità

Che cos'è la persuasione e quale lezione ci ha tramandato la retorica classica, valida tutt'oggi, nell'epoca dei social media? Uno sguardo antico-moderno sull'eredità degli antichi nell'arte delle verità penultime.

Persuasione: la penultima verità

Questo è il primo di una serie di articoli sulla persuasione e sulla scrittura persuasiva. È il primo ma la verità che ne otterremo rimarrà sempre penultima: tale è la natura, come vedremo, della persuasione.

Il tema è molto vasto, perché in realtà ogni forma di comunicazione ha un fine persuasivo, latente, manifesto, conscio o inconscio, e spesso più di uno: persuadere a credere qualcosa (anche solo che esisti, per una forma di brand awareness innata), a compiere un'azione, oppure a prendere in considerazione un'ipotesi.

Esistono però forme di comunicazione e di scrittura che hanno nello specifico il compito di persuadere, come ad esempio il copywriting, che a volte oggi è chiamato con ridondanza persuasivo. Anche questa ridondanza ha un suo fine implicitamente persuasivo, e vedremo perché.

In questo articolo mi concentrerò su alcuni concetti propri della retorica antica, in particolare quella greca, che ci ha lasciato un'eredità enorme, che va molto più in profondità rispetto alle 'figure retoriche' insegnate a scuola. Cominciamo dunque dall'origine.

Un po' di storia e di etimo

Persuasione: la penultima verità

Una panoramica sulle radici delle parole che utilizziamo tutti i giorni riporta sempre alla luce frammenti interessanti e significativi.

In latino, persuadere è composto dal prefisso per (che indica il compimento dell'azione) e suadeo, "consigliare, esortare". Primo dato: la persuasione è il risultato di un processo. Pertanto, il discorso persuasivo è una tecnica, non la persuasione in sé.

Secondo dato: il verbo latino suadere ha la stessa radice dell'inglese sweet e dell'italiano soave: la persuasione è quindi una via dolce al convincere, legata soprattutto all'uso della parola (ma anche dell'immagine: questa è un'altra storia, lo so, ma neppure troppo). Si contrappone pertanto alla coercizione, alla propaganda e all'indottrinamento dei regimi totalitari.

La persuasione presuppone un uomo libero di decidere: cosa sia giusto e sbagliato, a chi dare il proprio voto, e in epoca post-moderna quale destinazione scegliere per le proprie vacanze e con quale istituto di credito preferisce indebitarsi.

Non a caso lo studio sistematico delle tecniche di persuasione attraverso la parola - cioè la retorica - nacque con la democrazia, nelle polis dell'antica Grecia, dove la questione divenne un fenomeno sociale.

La tradizione vuole che l'arte retorica nacque a Siracusa nel V secolo avanti Cristo, quando fu abbattuta la tirannide che aveva confiscato molte terre ai cittadini, i quali si azzuffarono in numerose dispute per riappropriarsi dei propri beni. Proprio a Siracusa, dove sembra che la popolazione fosse particolarmente incline ai cavilli e alle diatribe, Corace e il suo allievo Tisia diedero una prima codificazione delle tecniche retoriche.

Il verbo greco per persuadere era peìtho, che al medio (il greco ha una forma a metà tra attivo e passivo) peithomai significa anche 'obbedire', ma che soprattutto è legato etimologicamente a pìstis, ovvero 'fede' oppure 'fiducia'.

La persuasione implica dunque la fiducia, un'adesione che attraverso la parola, il ragionamento e l'emozione tocca le corde più profonde dell'uomo. Per questo, è sempre stata una questione molto delicata e oggetto di attenzioni particolari ben prima delle comunicazioni di massa, perché nei casi peggiori può negare la libertà che presuppone.

La penultima verità

Tom Mix risale dal formicaio antiatomico dove gran parte dell'umanità è confinata, convinta che la superficie sia devastata da una tremenda guerra nucleare. In realtà, la guerra è finita da tempo e tutte le notizie che arrivano nel sottosuolo sono simulazioni. Illustrazione per La penultima di Philp Dick da www.deviantart.com.

Tom Mix risale dal formicaio antiatomico dove gran parte dell'umanità è confinata, convinta che la superficie sia devastata da una tremenda guerra nucleare. In realtà, la guerra è finita da tempo e tutte le notizie che arrivano nel sottosuolo sono simulazioni. Illustrazione per La penultima di Philp Dick da www.deviantart.com.

Fin dalle origini, la retorica si fondò su una premessa, che fu fonte di innumerevoli dispute (e condanne) di natura filosofica ed etica per tutta l'antichità: al fine della persuasione, "sembrare vero conta più di dell'essere vero".

Ma gli antichi retori erano a conoscenza anche di un altro fattore molto importante: la persuasione può avvenire solo sul terreno di presupposti condivisi dai destinatari. Ipotesi sul mondo, valori e credenze accettati e dati per scontati. Quindi, il processo di persuasione è differente e più o meno difficile a seconda dell'uditorio.

Un esempio: oggi noi disponiamo di numerose prove scientifiche che la Terra ruoti attorno al Sole e non il contrario. Fa parte del nostro bagaglio di ipotesi comunemente accettate, indipendentemente dal nostro grado di istruzione e di mentalità scientifica. Immaginiamo allora all'epoca di Copernico e di Galileo quanto fosse difficile convincere uomini avvezzi da secoli al sistema tolemaico, supportato dal dogma religioso, e che perdipiù vedevano ogni giorno il sole sorgere e tramontare all'orizzonte.

Ma torniamo ai nostri greci. Date queste premesse, è facile comprendere perché a Platone l'arte retorica dovesse risultare particolarmente indigesta. La persuasione del retore doveva suonare come un massaggio e una manipolazione della doxa, cioè dell'opinione comune basata soprattutto sull'immediatezza dei sensi, a discapito dell'episteme, cioè della conoscenza scientifica che non è così immediata.

Tuttavia anche le pratiche più borderline dei sofisti contribuirono ad esplorare tutto il potenziale persuasivo della parola, e contribuirono a gettare le premesse per un'antidoto alla manipolazione.

La penultima verità (quella imperfetta)

Il sillogismo secondo Woody Allen, da Amore e Guerra (1975)

Ma per l'ennesimo paradosso, il trattato che rese più giustizia alla retorica ci giunse proprio da un filosofo. La Retorica di Aristotele è infatti un manuale di tale profondità e completezza sull'argomento da annullare i quasi tremila anni che ci separano dalla sua redazione. I teorici dell'argomentazione nella metà del '900 cominciarono proprio da qui nel rivalutare la retorica antica. Sistemi come la PNL ne hanno attinto a piene mani.

Aristotele mise in chiaro che il campo della retorica è la dimostrazione del probabile, ovvero ciò che è giusto o sbagliato, bene o male, accettabile o inaccettabile. Non è compito della retorica dimostrare il vero o il falso, che attiene invece alla dialettica.

Ma Aristotele stabilisce anche un'altra importante distinzione tra la dimostrazione filosofica/scientifica e quella della retorica, che riassume tutte le considerazioni affastellate finora: i due processi possono apparire simili o identici, ma differiscono per un particolare. E qui le cose si fanno molto interessanti, anche per noi moderni.

La dialettica, attraverso il sillogismo, deduce una conclusione sulla base di premesse certe:

Tutti gli uomini sono mortali
Socrate è un uomo
Socrate è mortale

La retorica, invece, si serve dell'entimema, ossia di un sillogismo imperfetto, in cui le premesse non sono certe, ma verosimili, o addirittura incerte, oppure valide solo presso un determinato pubblico. L'entimema, inoltre, è normalmente espresso in forma ellittica, in parte per non annoiare l'uditorio, in parte per un motivo che spiegherò tra breve:

È italiano, quindi gli piace mangiare bene (presupposto: a tutti gli italiani piace mangiare bene)
Vinceremo, perché siamo i più forti (slogan del Governo Francese all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, sottinteso: i più forti vincono sempre)
Contiene l'ingrediente X, quindi è il migliore (logica di molti prodotti, ad esempio i dentifrici, presupposto: l'ingrediente X fa bene alla salute)
Think different (slogan di Apple degli anni '90, presupposto: il computer ti aiuta )

L'uso degli entimemi verrà studiato e catalogato in base al tipo di pubblico a cui ci si rivolge per tutta l'antichità classica attraverso i loci, ovvero quel repertorio di premesse ampiamente condivise (i luoghi comuni) oppure da un uditorio specifico (i luoghi particolari) a cui fare appello durante la dimostrazione.

Ad esempio, se stiamo cercando di vendere un prodotto di lusso, dovremo fondare il nostro ragionamento sulla qualità, mentre il vantaggio economico di un prezzo conveniente potrebbe essere controproducente; se vendiamo un prodotto di largo consumo, la quantità (ovvero il prezzo) è invece un argomento valido (le cose, ovviamente, non sono così schematiche e le situazioni comunicative devono essere valutate e ascoltate di volta in volta).

L'entimema, inoltre ha anche un altro vantaggio persuasivo: siccome una parte del ragionamento è implicita, il destinatario, completandolo mentalmente, avrà l'impressione di giungere autonomamente a una conclusione verso la quale - se il processo va nel verso giusto - è stato guidato. Proprio per questo i messaggi pubblicitari e gli slogan politici hanno un alto tasso di implicitezza, grazie al quale mirano a creare adesione e appartenza.

Conclusione: ciò che il persuasore non dice

Un esempio di persuasione basata soprattutto sull'immagine, ma alla quale si applicano i medesimi concetti della retorica: il messaggio è ellittico, in larga parte implicito, ricostruito dal destinatario.

Un esempio di persuasione basata soprattutto sull'immagine, ma alla quale si applicano i medesimi concetti della retorica: il messaggio è ellittico, in larga parte implicito, ricostruito dal destinatario.

L'importanza dell'implicito è forse una delle più grandi intuizioni sulla persuasione che la retorica antica ci ha regalato (e in questo articolo, per sintesi, ho trattato solo il processo deduttivo: molto ci sarebbe da dire su quello induttivo attraverso l'esempio, che oggi è applicato molto diffusamente con i case studies).

Ciò che non viene detto non è in discussione: per questo l'argomentatore inesperto obietta solo sulla parte emersa del discorso dell'avversario, mentre l'esperto risale ai presupposti.

Per questo accettiamo spesso ragionamenti imperfetti o fuorvianti, oppure generiamo significati e reazioni controproducenti. Un esempio? Lo slogan del PD alle ultime elezioni: "Un'Italia giusta", che presuppone a) che esista anche un'Italia sbagliata, e b) che il PD si trovi dalla parte buona, con esclusione di tutti coloro che in passato hanno votato altrove e che avrebbero fatto la differenza: anche questo ragionamento è imperfetto e inferenziale, ma del tutto probabile.

Quanto può essere utile tutto questo, nella comunicazione digitale, nell'abbreviazione e frammentazione del messaggio attraverso i social network? Molto, moltissimo. Sarei per un insegnamento della retorica dell'argomentazione nelle scuole (quella vera, non semplicemente le figure retoriche), per rendere la persuasione una contesa ad armi pari.

Forse le discussioni e i flame sarebbero altrettanto accesi e altrettanto interminabili. Probabilmente, però, più dignitosi e produttivi. Sicuramente, ne guadagneremmo tutti in reputazione, e il concetto stesso di reputazione sarebbe forse di più concreto e fondato sulla forza degli argomenti e meno sulla manipolazione pura.

Perché in fondo - tornando ad Aristotele - l'essenza della retorica non è neppure la persuasione, ma "la facoltà di scoprire il possibile mezzo di persuasione riguardo a ciascun soggetto". Nella continua ostensione di penultime verità, ma non per questo meno importanti.

Invero la dialettica raziocinante, se portata a fondo, esplorata in tutte le sue antinomie, prepara alla contemplazione, mostrando la miseria di tutte le opinioni e di tutti gli insegnamenti profani

Elemire Zolla, Verità nascoste esposte in evidenza

Exergo 1: persuadere e convincere

Ci proponiamo qui di chiamare persuasiva l’argomentazione che pretende di valere soltanto per un uditorio particolare, e di chiamare invece convincente quella che si ritiene possa ottenere l’adesione di qualunque essere ragionevole

CHAÏM PERELMAN, Trattato dell'argomentazione

Exergo 2: credere, obbedire, danzare

Da 'Quell'orribile forza' (That Hideous Strength) di C.S. Lewis

Da 'Quell'orribile forza' (That Hideous Strength) di C.S. Lewis

Approfondimenti

Una sintesi molto efficace della Retorica di Aristotele


E ora, per qualcosa di completamente diverso...
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